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Recensione: “La sposa del mare”, di Amity Gaige

Dove comincia un errore?
Un errore ha le sue radici sia nel tempo sia nello spazio: nel modo di ragionare di una persona e nel luogo in cui si trova. L’errore si situa precisamente nel punto d’intersezione fra queste due dimensioni, che sono, in termini nautici, le sue coordinate.

Il mare è un affascinante ammaliatore: il movimento costante delle sue acque ci dà l’illusione che il tempo possa lenire le ferite, ricucire gli strappi, sedimentare i rancori. La costanza del mare è nella sua memoria, nel suo fluttuante racconto, nelle impronte invisibili che la spuma frizzante conserva in eterno. La sposa del mare, romanzo di Amity Gaige – edito NNEditore – non ci presenta solo la narrazione dei cambiamenti di vita e delle decisioni di una famiglia americana che sceglie di trascorrere un periodo di tempo in barca a vela, abbandonando non senza difficoltà la quotidianità di una vita canonica. Queste pagine presentano al lettore una vera e propria mappa, un insieme di coordinate, rotte e porti che saranno in grado di restituire, al termine del viaggio, il quadro completo delle anime che fanno vibrare i personaggi sulla pagina, rendendoli vividi, comprensibili e terribilmente umani.

È vero: la storia è scritta dai vincitori. Ecco perché abbiamo bisogno dei poeti. Per cantare le sconfitte.

Juliet e Michael sono le voci narranti de La sposa del mare. Due voci di cui possiamo leggere – per tutta la durata del romanzo – pensieri, memorie, rivelazioni e ombre. Amity Gaige, infatti, sceglie di presentarci i suoi protagonisti per mezzo della forma comunicativa più intima: il diario personale di Juliet e il diario di bordo di Michael. Voci d’inchiostro che raccontano le pulsazioni di un rapporto, i compromessi di un nucleo familiare, gli angoli in penombra della depressione, il silenzioso requiem del lutto. La sposa del mare traccia una carta nautica del dolore, definendo la storia della deriva non soltanto di un matrimonio, ma di intere vite. Circumnavigando le anime dei suoi personaggi, Amity Gaige ce ne restituisce delle coordinate inequivocabili, grazie alle quali è facilmente verificabile un’immedesimazione molto forte, un’empatia che ha dell’incredibile.

Se fossimo vissuti con una mente marina, avremmo potuto avere un matrimonio marino. E avremmo potuto amarci in modo diverso. Ovvero, al di là del meritarcelo.

E ciò che resta, oltre agli occhi lucidi e alla gratitudine, a fine lettura è forse la suggestione più forte, quella che cerca di dare un senso all’accumulo degli sbagli, agli inciampi, a ogni sbandamento: la presa di coscienza che la nostra vita e ogni insegnamento appreso non sono altro che umidi, brillanti “appunti in direzione del tutto”. Un libro che, nella sua tragicità, riesce a lenire il senso di individuale solitudine, tramutando l’inadeguatezza in un verso poetico inciso sulla pergamena del Destino.

Perché devi reagire, rispondo. Ecco perché.
E poi le dico la cosa che non avrei mai dovuto dire. Sono anni che ti vedo fare la vittima. Le cose che ti hanno ferito sono successe secoli fa. Ma, per te, Juliet, il tempo non è mai passato veramente!
Mi fissa incredula.
Sai perché parli sempre di uguaglianza? – urlo. Vuoi che tutti siano uguali, così nessuno ti chiederà mai il conto dei tuoi errori. Se tutti sono uguali, si eclissa ogni difetto individuale. Come il tuo incessante rimuginio sul passato. Le tue infinte giustificazioni per rimandare ogni cosa. Probabilmente dirai che questo è il risultato dell’opposizione di genere. Ma non è così! Io credo davvero che tu ami la tua sofferenza. La sofferenza è la tua poesia.

Il mio voto:

Matteo Zanini

Titolo: La sposa del mare
Titolo originale: Sea Wife
Autore: Amity Gaige
Casa editrice: NNEditore
Prezzo: € 18,00
Pagine: 346