#LeggereInMusica: “L’abbazia dell’incubo” e gli Evanescence

Dimenticate le atmosfere gotiche, mettete da parte i corridoi piranesiani, allontanatevi dall’idea di scostare veli misteriosi, scoprire arcani segreti di famiglia, incappare in eroi ed eroine spinti a combattere le forze del male e preparatevi, invece, a un breve romanzo senza né arte né parte.

L’abbazia dell’incubo dello scrittore e poeta inglese Thomas Love Peacock – ed. Elliot edizioni – assomiglia più a una parodia del genere gotico classico (sebbene lontana dalla satira a cui Jane Austen ci ha deliziosamente abituati nel suo iconico Northanger Abbey) più che un testo appartenente a questa affascinante e particolare corrente letteraria, ancora oggi degna di attenzione e carica di stimoli.

Partendo dai nomi dei personaggi – sig. Musoni, sig. Cattivoni, sig. Apatico, Marionetta – e calandosi conseguentemente tra le esigue vicende che costituiscono il corpus della narrazione, tutto appare sospeso sulle note del ridicolo; c’è penuria di credibilità, tra queste righe, esiste perplessità, pervade la noia.

Per chi è abituato ai romanzi di Ann Radcliffe – la regina del testo gotico inglese – la delusione compare ben prima della metà de L’abbazia dell’incubo; avvicinandosi a questo romanzo breve con la speranza di ritrovare le atmosfere e le fascinazioni de I misteri di Udolpho o de Il romanzo della foresta, ciò che ne resta è una discesa del tutto dimenticabile. Se cercate una distrazione lunga una manciata di ore, il romanzo di Peacock potrebbe fare al caso vostro, ma non addossategli aspettative, poiché sarebbero solo energie sprecate.

Matteo Zanini